Teatro del Cerchio, “4.48 PSYCHOSIS”, sabato 11 aprile ore 21.00

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Teatro del Cerchio di Parma

Teatro del Cerchio, "4.48 PSYCHOSIS"ESTROTEATRO DI TRENTO

“4.48 PSYCHOSIS”

di Sarah Kane

Sabato 11 aprile alle 21.00 andrà in scena al Teatro del Cerchio “4.48 Psychosis” di Sarah Kane, la nuova produzione di Estroteatro di Trento. A dieci anni dalla scomparsa della giovane drammaturga inglese, la scelta del regista Mirko Corradini di rappresentare un testo scomodo, ricco di umana sofferenza: “4.48” nasce da uno studio su Sarah Kane: uno studio sulla sofferenza della donna, vista con gli occhi di un uomo. Oggi questo studio, grazie ad un’attrice, si è trasformato in uno spettacolo”.”4.48″ è il grido silenzioso di chi ha troppa voglia di vivere, la lucidità di chi ha deciso di morire, la consapevolezza di chi ha scelto di non farcela più, la disperata confessione di chi ha troppa paura di soffrire ancora. L’ultima supplica di chi ha troppo amore da dare. E troppo da chiedere.”

regia di Mirko Corradini, con Cinzia Scotton

Ecco le note di regia del regista, Mirko Corradini:

Ogni tanto ti succede di leggere un testo teatrale. Ogni tanto ti succede di incontrare un’attrice.

Ogni tanto ti succede di pensare a quel testo teatrale ed a quell’attrice contemporaneamente.

A me è successo. Così è nato il nostro “4.48”. Sarah Kane scrive di morte. Di sesso. Di violenza. Di suicidio. Scrive senza filtri. È trasparente in ogni suo sentimento. Sarah Kane esprime amore, odio, dolore, angoscia, desiderio, con una franchezza tanto lucida e vera da poter essere definita candida. Candida come il bianco. Sarah Kane ti investe come un fiume in piena. Con una forza che solo l’acqua sa avere. Il nostro 4.48 nasce da questi tre elementi: trasparenza, bianco, acqua.


La trasparenza di una camera di sicurezza per persone che hanno tentato il suicidio: senza più intimità, sottoposti all’incessante pressione dello sguardo clinico. Osservati da tutti, giudicati da tutti. E ognuno giudica da un punto di vista diverso: il proprio punto di vista. Una stanza tanto bianca quanto inespressiva. Una stanza dove le parole si trasformano in acqua, in sangue, in amore, in speranza. In tende che si chiudono per sempre.

“4.48” è il grido silenzioso di chi ha troppa voglia di vivere, la lucidità di chi ha deciso di morire, la consapevolezza di chi ha scelto di non farcela più, la disperata confessione di chi ha troppa paura di soffrire ancora. L’ultima supplica di chi ha troppo amore da dare. E troppo da chiedere.

Non ho nessuna voglia di morire. Nessun suicida ne ha mai avuta”.

4.48″ nasce da uno studio su Sarah Kane: uno studio sulla sofferenza della donna, vista con gli occhi di un uomo. Oggi questo studio, grazie ad un’attrice, si è trasformato in uno spettacolo”.

Il suicidio, ovvero, la mancanza d’amore. Le ore 4:48 del mattino, il momento in cui si è più inclini al suicidio, quando, nel cuore della notte, si è più soli con noi stessi.

Sara Kane scrive questo testo nel momento in cui la critica inglese celebrava il trionfo della sua opera, un lucido e sarcastico flusso di coscienza sulla sua depressione, sulla sua rabbia e sulla sua solitudine, poi ingoia 150 pillole antidepressive, 50 di sonnifero, e si lascia morire; ripresa in tempo, verrà trovata due giorni dopo impiccata nel bagno dell’ospedale.

E’ il 1999, Sara Kane ha appena compiuto 28 anni.

“Sto cominciando a scrivere un testo intitolato 4.48 Psycosis. Parla di una depressione psicotica, di quello che succede, cioè, nell’animo di una persona quando le linee di confine che permettono di distinguere la realtà dalle diverse forme dell’immaginazione, si dissolvono completamente, fino al punto di non riuscire più a percepire la differenza tra la vita sognata e quella da svegli. Non si sa più dove finisce l’individuo e dove comincia il mondo. Se, per esempio, io fossi psicotica non farei nessuna differenza tra me stessa, questo tavolo, e te. Tutto sarebbe parte di un continuum. I margini delle cose cominciano a fondersi. Formalmente io cerco di fare la stessa cosa, di fondere insieme orizzonti diversi sino a che forma e contenuto diventino un tutt’uno.”

Sarah Kane *[estratto da una conversazione con alcuni studenti – novembre 1998]

Dieci anni esatti (era il 20 febbraio del 1999) dalla scomparsa di una delle drammaturghe che, in un tempo brevissimo, ha dipinto un’immagine nuova del teatro, del concepirlo e del farlo.

Sarah Kane indubbiamente è, al di fuori dei gusti di genere, un’artista a tutto tondo che non ha mai avuto bisogno di spiegarsi, di teorizzare o seguire unicamente l’istinto… è tutto questo insieme, con una modalità fluida e dinamica.

“Se dovessi riscrivere ‘Blasted’… taglierei ancora più parole… perchè il teatro per me è immagine” dichiarava in un’intervista con Granah Saunders. E sono immagini quelle che la Kane inventa e ci fa vedere, che riguardano il dettaglio, la sensibilità, il dolore, l’estrema consapevolezza della disperazione.

Immagini, quindi, popolarmente scomode e che raccontano di stupri, violenze, rapporti incestuosi, della spazzatura di un società che si affretta a smaltire e nascondere perchè scomoda, specchio del non voluto, dell’inutile o, peggio ancora, dello scartato. Per questo la Kane si guadagna, fin dalle prime rappresentazioni al Royal Court Theatre di Londra, il beffeggio della critica anglosassone, l’epiteto di “peggiore della classe”, diventando poco dopo una delle portavoci più acclamate dello ‘in-yer-face theatre’, proprio quello ‘in-yer-face theatre’ diventato, oggi, un genere che prende il pubblico per la collottola e lo scuote finché non gli arriva il messaggio, un messaggio che frantuma i tabù, nomina ciò che è vietato, mette a disagio… la spazzatura, appunto.

Ma il lavoro della Kane va ben oltre la provocazione, usata solo come mezzo per nascondere, in un sottotesto visuale, un’estrema sensibilità, priva di giudizio e ricca di un vissuto interiore molto intenso, duro, spigoloso, premuto e spremuto.

“Psicosi delle 4.48” il guardare da dentro i pezzi di tutta quella follia ed il suicidio, inteso lucidamente come l’unica cosa luminosa rimasta: la coscienza che il non esserci risulti l’unica scappatoia, l’ultimo respiro ancora possibile.

Teatro del Cerchio Via Pini 16/a- Parma

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Scritto da Staff_NelParmense

Aprile 10th, 2009 at 8:57 am