Storia e Memoria, anniversari di oggi 24 dicembre

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Foglio periodico di TWIMC (www.nesti.org) Parma – Anno V – N. 505 – Edizione del 24.12.09
24 DICEMBRE
* Selezione di anniversari, ricorrenze, eventi e personaggi legati alla giornata *

Santi del giorno:
Vigilia di Natale,  Sant’Adele di Pfalzel badessa,  San Delfino di Bordeaux vescovo, San Gregorio di Spoleto martire, Sant’Irmina di Treviri vergine,  San Metrobio martire, San Giacobbe Patriarca (*), Santa Rachele moglie di Giacobbe, Santa Tarsilia, Santa Paola Elisabetta Cerioli vedova, Beato Bartolomeo Maria Dal Monte Sacerdote, Servo di Dio Odoardo Focherini.

Eventi:
1294: Viene eletto Papa Bonifacio VIII. 1672: L’astronomo italiano Giovanni Cassini scopre Rhea, satellite di Saturno. 1818: Bianco Natale viene composta da Franz Xaver Gruber. 1865: Veterani confederati della guerra di secessione fondano il Ku Klux Klan. 1871: L’Aida rappresentata per la prima volta al Khedivial Opera House de Il Cairo. 1943: Il generale Dwight D. Eisenhower diventa comandante supremo degli Alleati.

Nati:
3 a.C.: Servio Sulpicio Galba, imperatore romano
1491: Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù († 1556)
1809: Kit Carson, uomo della frontiera statunitense († 1868)
1837: Elisabetta di Baviera (Sissi), imperatrice d’Austria († 1898)
1898: Baby Dodds, jazzista († 1959)
1922: Ava Gardner, attrice statunitense († 1990)
1931: John Charles, calciatore gallese († 2004)

Morti:
1524: Vasco da Gama, esploratore portoghese (n. 1469?)
1863: William Makepeace Thackeray, scrittore (n. 1811)
1935: Alban Berg, 50, compositore austriaco (n. 1885)
1972: Gisela Richter, storico dell’arte (n. 1882)
1980: Karl Dönitz, ammiraglio tedesco (n. 1891)
1982: Louis Aragon, scrittore francese (n. 1897)
1997: Toshirô Mifune, attore giapponese (n. 1920)

(*) San Giacobbe, Patriarca
Hebron, Terra di Canaan – † Egitto

I suoi genitori furono il patriarca Isacco e Rebecca, la quale essendo sterile, in virtù delle preghiere rivolte a Dio dal marito Isacco, alla fine in età avanzata rimase incinta di due gemelli, appunto Esaù e Giacobbe che si urtavano nel seno materno, quasi presagio delle lotte fraterne che sarebbero accadute dopo la nascita.

Nacquero e crebbero nella Terra di Canaan, finché, secondo il racconto della Genesi, Giacobbe riuscì ad ottenere i diritti della primogenitura dal fratello Esaù in cambio di un piatto di lenticchie.

Poi essendo il loro padre Isacco vecchio ed ammalato, questi volle impartire la benedizione dei patriarchi al primogenito, allora Giacobbe approfittò della momentanea assenza di Esaù dal villaggio e con la complicità e suggerimento della madre Rebecca, della quale era il favorito, indossò una pelliccia di animale, così da poter passare per Esaù che era molto peloso, infatti Isacco quasi cieco non si accorse del camuffamento e impartì la benedizione a Giacobbe credendolo Esaù.

Ciò suscitò l’ira del fratello quando, ritornato, apprese dell’inganno. Secondo le ancestrali regole, la benedizione una volta data non poteva essere ritirata, né impartita anche a lui: per vendicarsi Esaù fece proposito di uccidere Giacobbe.

Rebecca allora per salvarlo, inviò Giacobbe presso la sua parentela di origine nella Terra di Paddan-Aram; nella casa di suo padre Betel e di suo fratello Labano. Lo scopo non era solo allontanarlo dalla vendetta di Esaù, ma anche per fargli trovare una moglie, nella cerchia della sua parentela, secondo la legge della “endogamia”, che prescriveva di non sposare donne di altre tribù al fine di preservare la discendenza del proprio clan. Così Giacobbe partì con la benedizione di Isacco, verso Carrai città di origine di Abramo, Isacco e Rebecca, situata nella fertile e pianeggiante regione di Paddan-Aram; mentre Esaù si unì con una donna del luogo.

Durante il cammino per giungere dallo zio Labano, Giacobbe si fermò in una località detta allora Luz (nome che fu poi cambiato in Betel = Bet-El, casa di Dio); prese una pietra, vi appoggiò il capo e si addormentò. Nel sonno vide una scala che in basso poggiava sulla terra e in alto toccava il cielo, sulla quale salivano e scendevano angeli, Dio dalla sommità, gli prediceva che la sua discendenza sarebbe stata numerosa come la polvere della terra e che lo avrebbe tenuto sempre sotto la sua protezione; Giacobbe fece voto di riconoscerlo sempre come suo Dio e di ritornare in quel luogo per trasformarlo in santuario.

Presso Labano, Giacobbe s’invaghì della cugina Rachele e la chiese in sposa al padre suo zio, il quale gliela promise a patto che lavorasse per lui come pastore per sette anni, affinché con il suo lavoro potesse ‘riscattarla’, secondo la prassi orientale, dalla famiglia di appartenenza, facendola diventare così “sua”. L’amore di Giacobbe per la giovane e bella Rachele, fece sembrare breve quel lungo periodo di sette anni, al termine dei quali si organizzò finalmente un banchetto per il promesso matrimonio.
Ma come un colpo di scena teatrale, nell’oscurità della sera, Labano fece condurre nella tenda di Giacobbe non Rachele, ma la figlia maggiore Lia tutta velata, la quale era ancora nubile e non della stessa bellezza. Al mattino dopo Giacobbe accortosi dell’inganno, protestò vivamente con Labano, il quale si giustificò dicendo che era usanza di sposare prima la figlia maggiore se nubile. In effetti Giacobbe fu ripagato allo stesso modo, dell’inganno fatto ad Isacco a scapito di suo fratello Esaù proprio da un parente più furbo di lui.

Labano gli disse allora: “Finisci la settimana nuziale con Lia, poi ti darò anche Rachele, per il servizio che tu presterai ancora presso di me per altri sette anni”. Non si dimentichi che la poligamia era ampiamente praticata nell’antico Vicino Oriente. A questo punto a Giacobbe non restò altro che accettare e dopo la prescritta settimana con Lia, poté realizzare il suo lungo sogno e “si accostò a Rachele e l’amò più di Lia”.

Lo scrittore del sacro testo biblico, descrive poi le inevitabili tensioni suscitate dalla relazione a tre di Giacobbe e le due mogli; tanto più che Lia più trascurata, era però feconda, mentre Rachele amata era sterile. Lia partorì quattro figli, Ruben, Simeone, Levi, Giuda, capostipiti di celebri tribù. Risultati vani i tentativi di generare figli propri, Rachele ricorse alla possibilità di generare per interposta persona, secondo l’uso orientale; quindi offrì a Giacobbe la propria schiava Bila affinché potesse avere un figlio tramite di lei. Questo era già avvenuto tempo prima con Sara moglie sterile di Abramo e la sua schiava Agar, che generò Ismaele considerato poi figlio di Sara.

Il racconto biblico prosegue descrivendo la situazione familiare di Giacobbe, che venne a trovarsi al centro della competizione fra le due sorelle a dargli dei figli: si ricorda che compito principale della donna era quello di generare figli e ciò era anche indice della benedizione di Dio sul nucleo familiare e sulla tribù. A questo punto si legge nella Genesi che Dio “si ricordò” di Rachele, esaudì le sue preghiere e la rese feconda, ed ella concepì e partorì un figlio chiamato Giuseppe.

Erano trascorsi una ventina d’anni circa e a Giacobbe sorse il desiderio di ritornarsene a Canaan sua terra d’origine, tanto più che i rapporti con lo zio-suocero erano diventati più difficili. Con il consenso delle due mogli, che si ritenevano vendute a suo tempo dal padre, con il seguito delle due schiave e degli undici figli, padrone ormai di numerosi armenti e servitori, Giacobbe di nascosto lasciò la casa di Labano diretto a Canaan.

Lungo il cammino, a Giacobbe apparvero gli angeli, come un esercito schierato, nella località di Macanaim; la visione lo confortò e confermò la presenza di Dio che lo proteggeva e lo guidava. Giunta la carovana verso il paese di Seir nella campagna di Edom, Giacobbe inviò dei messaggeri al fratello Esaù, annunciandogli il suo ritorno e sperando nel suo perdono. Esaù gli andò incontro con quattrocento uomini, lo spaventato Giacobbe, che però confidava nell’aiuto di Dio, inviò davanti a sé a scaglioni delle greggi di capre, pecore, cammelle, giovenche, asini e torelli, affinché tali doni potessero placare la prevista ira del fratello; mentre egli trascorreva la notte in attesa, accampandosi dopo aver guadato il fiume Iabbok, un affluente del Giordano.

Qui durante la notte avvenne un episodio di grande potenza e fascino; un essere celeste (un angelo di Dio) lo affrontò e lottò con lui per tutta la notte fino all’alba; gli domandò il suo nome e gli disse: “Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e gli uomini e hai vinto”; Giacobbe chiamò poi quel luogo ‘Penuel’. Il racconto di recondito significato, più che alla persona fisica di Giacobbe, si riferisce al popolo da lui derivato. Il significato del soprannome Israele è incerto, è probabile che in origine significasse “Dio si mostri forte”, interpretato poi “egli è stato forte contro Dio”. All’alba comparve all’orizzonte Esaù con il suo numeroso seguito e Giacobbe gli andò incontro prostrandosi a terra per sette volte, ma il fratello lo abbracciò e fra le lacrime di entrambi si rappacificarono. Poi Giacobbe si diresse verso Sichem al centro della regione montuosa della Palestina e qui si accampò in un terreno acquistato dal principe locale.

La tribù s’incamminò verso Betel sul luogo dove Giacobbe aveva avuto il sogno premonitore della promessa di Dio, riguardo alla sua numerosissima discendenza; qui il patriarca eresse una stele di pietra considerandolo luogo sacro. Proseguendo nel cammino si arrivò nei pressi di Efrata, dove Rachele che era incinta per la seconda volta, ebbe un parto molto difficile e morì mettendo alla luce il secondo figlio Beniamino e sulla strada per Betlemme fu sepolta; l’afflitto Giacobbe eresse sulla tomba una stele ancora oggi esistente, il mausoleo è meta di pellegrinaggio degli ebrei.

Giunti ad Hebron si fermarono presso Isacco padre di Giacobbe, il quale morì all’età di 180 anni assistito così dai due figli Esaù e Giacobbe. Stabilitasi nella terra dei suoi avi ad Hebron, le storie di Giacobbe nella narrazione biblica, lasciano il passo a quelle dei suoi figli, in particolare di Giuseppe, il figlio amato giunto nella sua vecchiaia, che fu per gelosia venduto dai fratelli a dei mercanti e giunse in Egitto dove divenne grande alla corte del Faraone. Giacobbe è presente ancora nelle storie di Giuseppe, che poté riabbracciare in Egitto dopo averlo creduto morto e presso il quale morì all’età di 130 anni. Fu sepolto secondo la sua volontà nella grotta di Makpela in Canaan, diventata il luogo di sepoltura dei suoi avi Abramo, Sara, Isacco, Rebecca e anche della sua prima moglie Lia.

Prima di morire, Giacobbe in una solenne riunione attorno al suo letto, pronunciò le benedizioni sui suoi dodici figli e in estensione ai dodici popoli d’Israele, che da loro sarebbero derivati. Ricordiamo i loro nomi: Ruben, Levi, Simeone, Giuda, Issacar, Zabulon, dalla moglie Lia; Giuseppe e Beniamino dalla moglie Rachele; Dan e Neftali dalla schiava Bila; Gad ed Aser dalla schiava Zilpa; inoltre Dina anch’essa figlia di Lia.

Il patriarca fu pieno della persuasione di vivere alla presenza di un Dio, che l’aveva scelto per realizzare le promesse fatte ad Abramo ed Isacco. Non vacillò nella sua fede verso questo Dio, neanche nei momenti più tragici della sua vita, che fu molto infelice e in definitiva più breve nei confronti degli altri patriarchi.

Le numerose rivelazioni divine testimoniano dell’intensità della sua unione mistica con Dio. Come gli altri patriarchi del Vecchio Testamento, Giacobbe è stato sempre ricordato nelle Chiese Cristiane nel periodo dell’Avvento; nel Martirologio Romano egli è ricordato insieme agli avi santi e giusti di Gesù, il 24 dicembre vigilia della nascita di Cristo, dai quali discendeva nella sua vita terrena.

24 Dicembre 2009 (Thanks to: A.Borrelli, Avvenire, Santi e Beati, Wikipedia)

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Storia e Memoria   .505

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Scritto da Staff_NelParmense

Dicembre 24th, 2009 at 8:10 am

Pubblicato in Notizie Parmensi

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