La Rai rifiuta il trailer di Videocracy “E’ un film che critica il governo”

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Nelle televisioni italiane è vietato parlare di tv, vietato dire che c’è una connessione tra il capo del governo e quello che si vede sul piccolo schermo. La Rai ha rifiutato il trailer di Videocracy il film di Erik Gandini che ricostruisce i trent’anni di crescita dei canali Mediaset e del nostro sistema televisivo.

“Come sempre abbiamo mandato i trailer all’AnicaAgis che gestisce gli spazi che la Rai dedica alla promozione del cinema. La risposta è stata che la Rai non avrebbe mai trasmesso i nostri spot perché secondo loro, parrà surreale, si tratta di un messaggio politico, non di un film”, dice Domenico Procacci della Fandango che distribuisce il film. Netto rifiuto anche da parte di Mediaset, in questo caso con una comunicazione verbale da Publitalia. “Ci hanno detto che secondo loro film e trailer sono un attacco al sistema tv commerciale, quindi non ritenevano opportuno mandarlo in onda proprio sulle reti Mediaset”.

A lasciare perplessi i distributori di Fandango e il regista sono infatti proprio le motivazioni della Rai. Con una lettera in stile legal-burocratese, la tv di Stato spiega che, anche se non siamo in periodo di campagna elettorale, il pluralismo alla Rai è sacro e se nello spot di un film si ravvisa un critica ad una parte politica ci vuole un immediato contraddittorio e dunque deve essere seguito dal messaggio di un film di segno opposto.

“Una delle motivazioni che mi ha colpito di più è quella in cui si dice che lo spot veicola un “inequivocabile messaggio politico di critica al governo” perché proietta alcune scritte con i dati che riguardano il paese alternate ad immagini di Berlusconi”, prosegue Procacci “ma quei dati sono statistiche ufficiali, che sò “l’Italia è al 67mo posto nelle pari opportunità””.

A preoccupare la Rai sembra essere questo dato mostrato nel film: “L’80% degli italiani utilizza la tv come principale fonte di informazione”. Dice la lettera di censura dello spot: “Attraverso il collegamento tra la titolarità del capo del governo rispetto alla principale società radiotelevisiva privata”, non solo viene riproposta la questione del conflitto di interessi, ma, guarda caso, si potrebbe pensare che “attraverso la tv il governo potrebbe orientare subliminalmente le convinzioni dei cittadini influenzandole a proprio favore ed assicurandosene il consenso”. “Mi pare chiaro che in Rai Videocracy è visto come un attacco a Berlusconi. In realtà è il racconto di come il nostro paese sia cambiato in questi ultimi trent’anni e del ruolo delle tv commerciali nel cambiamento. Quello che Nanni Moretti definisce “la creazione di un sistema di disvalori””.

Le riprese del film, se pure Villa Certosa si vede, è stato completato prima dei casi “Noemi o D’Addario” e non c’è un collegamento con l’attualità. Ma per assurdo, sottolinea Procacci, il collegamento lo trova la Rai. Nella lettera di rifiuto si scrive che dato il proprietario delle reti e alcuni dei programmi “caratterizzati da immagini di donne prive di abiti e dal contenuto latamente voyeuristico delle medesime si determina un inequivocabile richiamo alle problematiche attualmente all’ordine del giorno riguardo alle attitudini morali dello stesso e al suo rapporto con il sesso femminile formulando illazioni sul fatto che tali caratteristiche personali sarebbero emerse già in passato nel corso dell’attività di imprenditore televisivo”.

“Siamo in uno di quei casi in cui si è più realisti del re – dice Procacci – Ci sono stati film assai più duri nei confronti di Berlusconi come “Viva Zapatero” o a “Il caimano”, che però hanno avuto i loro spot sulle reti Rai. E il governo era dello stesso segno di oggi. Penso che se questo film è ritenuto così esplosivo vuol dire che davvero l’Italia è cambiata”.

MARIA PIA FUSCO

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Mamme 2.0.

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In Italia puoi toccare qualunque cosa, ma non la mamma. La mamma è sacra. “Mamma, solo per te la mia canzone vola, mamma, sarai con me, tu non sarai più sola!cantavano i nostri soldati nella seconda guerra mondiale. Gli alleati tedeschi, abituati a Lili Marleen e alle marce militari, li guardavano impressionati. La mamma italiana decide ogni cosa. I cibi in tavola, i mobili di casa, le vacanze, la ragazza del figlio. Se le mamme volessero, l’Italia cambierebbe in un mese. Chi può combattere le mamme del mondo? Non c’è riuscito nessuno. Neppure i generali argentini contro le Madres de Plaza de Mayo che chiedevano giustizia per i loro figli scomparsi, desaparecidos. Le mamme possono tutto. Le mamme in Rete possono ancora di più. Un esercito di mamme collegate tra loro può battere la crisi, trasformare la società, azzerare questa marcia politica. Il blog lancia oggi un’iniziativa permanente dal nome: “Mamme 2.0” per consentire alle mamme di scambiarsi vestiti, giocattoli, scarpe, passeggini dei figli. Film e libri e tutti gli articoli che durano pochi mesi e poi bisogna comprarne subito di nuovi. Perchè comprarli quando si possono scambiare? Il PIL crollerà e chi se ne frega. Nasceranno mille nuove amicizie tra mamme, si migliorerà il bilancio famigliare e si consumerà un po’ di meno il pianeta in cui i bambini dovranno vivere. Tutte le mamme che vogliono partecipare possono inviare i loro riferimenti e cosa chiedono o desiderano al blog, un primo elenco sarà reso disponibile in settembre. Da subito è operativa un’area Mamme 2.0 su Facebook. “Son tutte belle le mamme del mondo quando un bambino si stringono al cuor!“.

Beppe Grillo

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Il cavalier Ernesto e la libertà di stampa

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Una delle tecniche più efficaci adottate dagli intellettuali per galleggiare senza mai dare troppa noia al potere è parlare d’altro. Mentre l’informazione italiana precipita tra i Paesi semiliberi, soffocata dal cancro della criminalità organizzata e dallo strapotere di Silvio Berlusconi che governa quasi per intero il flusso delle notizie, su molti giornali divampano polemiche di massima urgenza, tipo quella sulle celebrazioni dell’unità d’Italia. Uno dei più svelti a comparire senza mai correre troppi rischi è Ernesto Galli della Loggia. Già qualche anno fa, mentre il presente veniva avvelenato dalle leggi ad personam, colmò d’inchiostro il tema antico della “morte della Patria”. E oggi, mentre il Sultano paga donne a tassametro e oscura i telegiornali, scende temerariamente da cavallo a perorare più impegno per il prossimo anniversario dei 150 anni di unità italiana, previsti nel 2011. Lo spalleggia l’ex presidente Carlo Azeglio Ciampi, noto per le sue passioni patriottiche, gli omaggi al tricolore, le lacrime quando nell’aere vibra l’inno di Mameli. Mai una volta che altrettanti turbamenti sfiorino i nostri patrioti quando i lanzichenecchi di Palazzo Chigi votano la perpetua impunità del Cavaliere, compresa quella di molestare minorenni, votare condoni fiscali, ingannare i terremotati. E rifilare bugie su tutta quella vicenda di feste & femmine che sui giornali di tutto il mondo viene rubricata come “Puttanopoli”. La nostra informazione – secondo l’osservatorio indipendente di Freedom House – è precipitata al 44° posto. E tra le sue colpe non risulta quella di censurare Garibaldi.

Vanity Fair, 29 luglio 2009

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Signornò

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Più si avvicinano le primarie del 25 ottobre, più il precongresso del Pd somiglia all’edizione nazionale della fiera del tartufo di Alba. Non contento di riabilitare Craxi come grande “modernizzatore”, Veltroni annuncia in una tragicomica intervista al Corriere che sta scrivendo una legge sul conflitto d’interessi di rara durezza: “incompatibilità fra funzioni pubbliche e possesso di mezzi di comunicazione”. Wow!
Peccato non averci pensato prima, quando il centrosinistra era al governo e lui era vicepremier (1996-‘98) o leader del Pd (2007). Ancora l’anno scorso Uòlter s’impegnò a “non attaccare mai Berlusconi”, anzi a non nominarlo proprio (“il principale esponente dello schieramento avverso”) e a fare “le riforme insieme”.

Ora che il Cavaliere ha 100 deputati di  maggioranza, forse, è un po’ tardi. Intanto D’Alema spiega che “Bersani è il segretario ideale”, mentre Franceschini sta con “gli sconfitti”, fra cui Fassino. Il quale, a onor del vero, portò il centrosinistra a vincere tutte le elezioni parziali dal 2002 al 2005 e le politiche 2006, mentre il conte Max ha collezionato più fiaschi di una cantina sociale: dalla Bicamerale al governo-catastrofe che sostituì Prodi nel ’98 e tracollò nel 2000 dopo le bombe sull’ex Jugoslavia e la leggendaria operazione Telecom. Per non parlare della scalata Unipol-Bnl (“Vai, Consorte, facci sognare!”), frettolosamente rimossa.

Divisi sulle future poltrone, dalemiani e veltroniani hanno ritrovato comunque una mirabile unità nel chiudere gli occhi sulle tessere gonfiate che in certe zone della Campania superano addirittura il numero degli elettori (lo stesso era avvenuto nel 2007, ma nemmeno un responsabile fu sanzionato); e nel chiudere le porte delle primarie e persino del tesseramento a Beppe Grillo, in nome del sacro testo dello Statuto. Che però esclude soltanto “le persone iscritte ad altri partiti politici” (art. 2, comma 8). E Grillo non lo è. Ma lo Statuto del Pd è piuttosto elastico: si applica ai nemici (o presunti tali) e si interpreta per gli amici. E’ stata appena accolta nel Pd Alessandra Guerra, ex governatora del Friuli per la Lega Nord, ed è stata rinnovata la tessera a un tizio condannato in Germania per molestie sessuali.
Alle Europee si era deciso di non presentare amministratori locali. Poi però fu candidato (e per fortuna eletto) il sindaco di Gela, Rosario Crocetta, come pure Rita Borsellino, scaricata solo un anno fa dal Pd e passata alla sinistra radicale.

Del resto lo Statuto fu modificato nel giugno 2008 senza il numero legale per creare un sinedrio correntizio a esso sconosciuto, la Direzione nazionale, che esautorò il solo organo democraticamente eletto: l’Assemblea costituente. Assemblea riesumata sei mesi fa per eleggere Franceschini segretario senza numero legale né primarie, in barba allo Statuto medesimo. Come si chiama un partito che non rispetta nemmeno le regole che si è dato? Democratico, appunto.

Marco Travaglio

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“Movimento Politico Ostile”

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A questo proposito ecco la mail che abbiamo spedito a Giampietro Sestini:
“Esimio segretario della commissione di garanzia del PD, Le scriviamo per esprimere tutta la nostra disapprovazione riguardo alla definizione che avete dato del movimento che si è espresso nelle “Liste a 5 stelle”, definendolo appunto “movimento politico ostile al PD”. Questo non corrisponde assolutamente alla verità. Noi abitiamo a Reggio Emilia, abbiamo partecipato alle primarie del PD e lo abbiamo votato nelle elezioni politiche dell’anno scorso. Nelle ultime elezioni abbiamo votato per il Comune per la “lista a 5 stelle”, ritenendo, come altri elettori di sinistra, il programma della lista che fa riferimento alle idee
di Beppe Grillo uno stimolo importante , per il PD
di Reggio, a fare meglio sopratutto in merito ai problemi ambientali della nostra città. Abbiamo peraltro confermato il voto al PD sulle altre schede. Riteniamo pertanto del tutto inaccettabile
tale definizione, e invitiamo la dirigenza del partito nel quale ancora crediamo e ci riconosciamo ad una profonda riflessione autocritica e ad ascoltare le opinioni dei propri
elettori anche non iscritti al partito.”
Distinti saluti
S.B., L.B. – Reggio Emilia

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Il futuro dell’Italia sembra segnato Loggia p2 e PD Partito della Demenza precoce:

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La loggia del nano devolve 5 miliardi di euro degli italiani a Gheddafi con l’accordo di restituirne in buona parte alle Lobbies di governo (Impregilo S.p.a. e Company) per costruire in Libia senza il benchè minimo straccio di gara di appalto. Un piccolo particolare: quei soldi sono soldi degli Italiani i quali non sono stati minimamente interpellati in proposito. Dove vadano a finire poi una volta arrivati alle Lobbies è un arcano mistero (sostegno ai partiti?).

Il partito della demenza precoce in controtendenza opera una vera svolta: invece di sforzarsi di attivare quelle ultime due sinapsi che gli sono rimaste impiedi e tirare fuori uno straccio di vera opposizione si nega il dibattito democratico ed impedisce la partecipazione.

Beppe quanto meno gli abbiamo rovinato le vacanze! E pensare che Franceschini e Fassino avevano già prenotato alla pensione “Vecchia Alzheimer”!

Francesco Onorati

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Nello spararsi sui piedi il Pd non perde un colpo

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Beppe Grillo è un serial killer? Un pedofilo, scippa le vecchiette, fa appalti truccati, è stato beccato in gabinetto con una mazzetta? No, Beppe Grillo è il più famoso comico italiano che, part time, da qualche anno fa anche politica, o meglio, esprime liberamente il suo pensiero nelle piazze o nei palacirchi dove si esibisce nei suoi spettacoli d’arte varia, ivi compresa la retorica e l’invettiva. Fa spettacolo e satira con notizie che la maggioranza degli italiani ignora, a volte le cucina in modo sublime, altre volte le condisce in modo esagerato, ma è documentato più di un ottimo giornalista e con qualche etto di cervello in più. Esagera, ma esagerare è il suo mestiere. Ha idee, e in Italia è un miracolo. Fa il tribuno: qui, questione di gusti. È un po’ aizzapopolo, e vabbé. Ma per quale carciofo di motivo non avrebbe il diritto d’iscriversi al Partito Democratico?
La sinistra di una volta sarebbe stata fiera d’arruolarlo fra la propria gente. Questa (che non è più sinistra) ha fifa. Come altro chiamarla? E per non cadere nella trappola di un comico, il Pd ruzzola nel ridicolo. Tanto da dichiarare “No a Grillo, siamo un partito serio”. Un partito davvero serio e democratico (quindi capace anche d’autoironia) l’avrebbe accolto a braccia aperte sia in Sardegna che a Canicattì. Non sarebbe ricorso a mezzucci burocratici e battutine da brontosauri. Mi duole che persino Bersani abbia pontificato che “Il partito non è un autobus sul quale salire e fare un giretto”. Battuta, appunto, da dopolavoro ATAC. E comunque un giretto di Beppe Grillo nel partito sarebbe sempre stato meglio di rimanere fermi come statue del Pincio. È il solito vecchio problema: fra la comunicazione e il centrosinistra c’è un baratro. Berlusconi avrebbe girato la provocazione a suo favore, Fassino si spara sui piedi: “Noi siamo un partito di gente per bene e seria, non ci prestiamo a provocazioni puramente mediatiche e di spettacolo”. Una dichiarazione che fa quasi tenerezza ma anche spanciare dalle risate, perché un PD che ha fra i suoi dirigenti lo stupratore di Roma (per carità, succede nei migliori partiti) due giorni dopo averlo appreso, dovrebbe esprimersi con maggiore cautela, inoltre un grande comico nobilita e non squalifica, scherziamo? Ma la fifa è cattiva consigliera, e la prosopopea dei brontosauri del Pd peggiora la loro miopia politica. È come se D’Alema e company vestissero ancora con i pantaloni a zampa d’elefante. Sono fuori epoca. Risultato? Grillo può comodamente dichiarare: “Poverini… basterebbe che si trovassero un altro lavoro, almeno il vertice del Pd, e lasciassero andare avanti milioni di persone che vogliono cambiare”. Sarebbe bastato invece così poco…Franceschini, Bersani, Fassino, avrebbero dovuto dichiarare: “Siamo orgogliosi che un artista italiano, un comico internazionale che oggi ha uno dei blog più letti al mondo, abbia richiesto la tessera del nostro partito. Tutte le volte che siamo stati bersaglio della sua satira non avevamo mai dubitato che il Pd era la sua vera casa. Benvenuto anzi, bentornato Beppe!”. Ma dichiarazioni così le possono rilasciare solo personalità trasparenti, politici “invisibili”, uomini al servizio della democrazia e del bene comune. In fondo, che Grillo volesse candidarsi alla segreteria del Pd non era nemmeno una notizia da prima pagina. Questi sono riusciti a servirgli uno scoop di proporzioni gigantesche. E adesso si spaccheranno fra falchi e colombe, invece di occuparsi di problemi gravi, come la Lega che sta “militarizzando” il nord nel silenzio complice del governo e imbarazzante del partito di cui sopra, per il quale il massimo dell’opposizione è opporsi a Grillo. Non ci si crede. Erano meglio i comunisti che si mangiavano i bambini, questi sono bambini che si sono divorati la parte migliore del comunismo.

Diego Cugia

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FINALMENTE!!!

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marxbeppe

Il 25 ottobre ci saranno le primarie del PDmenoelle. Voterà ogni potenziale elettore. Chi otterrà più voti potrà diventare il successore di gente del calibro di Franceschini, Fassino e Veltroni. Io mi candiderò. Dalla morte di Enrico Berlinguer nella sinistra c’è il Vuoto. Un Vuoto di idee, di proposte, di coraggio, di uomini. Una sinistra senza programmi, inciucista, radicata solo nello sfruttamento delle amministrazioni locali. Muta di fronte alla militarizzazione di Vicenza e all’introduzione delle centrali nucleari. Alfiere di inceneritori e della privatizzazione dell’acqua. Un mostro politico, nato dalla sinistra e finito in Vaticano. La stampella di tutti i conflitti di interesse. Una creatura ambigua che ha generato Consorte, Violante, D’Alema, riproduzioni speculari e fedeli dei piduisti che affollanno la corte dello psiconano. Un soggetto non più politico, ma consortile, affaristico, affascinato dal suo doppio berlusconiano. Una collezione di tessere e distintivi. Una galleria di anime morte, preoccupate della loro permanenza al potere. Un partito che ha regalato le televisioni a Berlusconi e agli italiani l’indulto.
Io mi candido, sarò il quarto con Franceschini, Bersani e Marino. Partecipo per rifondare un movimento che ha tolto ogni speranza di opposizione a questo Paese, per offrire un’alternativa al Nulla.
Il mio programma sarà quello dei Comuni a Cinque Stelle a livello nazionale, la restituzione della dignità alla Repubblica con l’applicazione delle leggi popolari di Parlamento Pulito e un’informazione libera con il ritiro delle concessioni televisive di Stato ad ogni soggetto politico, a partire da Silvio Berlusconi. Temi troppo duri per le delicate orecchie di un Rutelli e di un Chiamparino. Ci sono milioni di elettori del PDmenoelle che vorrebbero avere un PDcinquestelle. Con questo apparato affaristico e venduto non hanno alcuna speranza. Il PDmenoelle è l’assicurazione sulla vita di Berlusconi, è arrivato il momento di non rinnovare più la polizza. Arrivederci al 25 ottobre!

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LA 7 EXIT

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La RAI

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Le dimissioni di Veltroni e le convulse giornate del Pd, o di quel che ne resta, culminate nell’elezione di Franceschini a nuovo segretario, hanno oscurato una vicenda che forse meriterebbe qualche riflessione e spiegazione: quella del nuovo Cda Rai. Non si vede perchè il Pd abbia partecipato all’ennesima abbuffata di poltrone in base alla legge Gasparri, anziché restarne fuori e battersi per cambiare la legge e departitizzare la Rai. Ma c’è dell’altro. Il vecchio Cda, nominato nel 2005, era composto da 5 esponenti del centrodestra (Petroni e Urbani di FI, Malgieri di An, Bianchi Clerici della Lega, Staderini dell’ Udc) e 4 del centrosinistra (Petruccioli e Rognoni dei Ds, Rizzo Nervo della Margherita, Curzi del Prc). Quello nuovo ne avrà 5 del centrodestra (Verro e Gorla di FI, anzi di Mediaset, Bianchi Clerici della Lega, Rositani di An, cui presto si aggiungerà il solito Petroni, pure lui di FI, nominato dal Tesoro), 3 del Pd (Rizzo Nervo e Van Straten, scrittore e soprattutto compagno di vacanze di Veltroni, cui dovrebbe aggiungersi il nuovo presidente: o Petruccioli o Pietro Calabrese) e 1 dell’Udc (De Laurentiis).

In apparenza nulla cambia: l’Udc ora sta all’opposizione, o almeno così dice,e il Pd ha deciso di regalarle la quarta poltrona riservata alle minoranze, tagliando fuori l’Idv e la galassia della sinistra (che hanno almeno il doppio dei consensi dell’Udc). Scelta davvero curiosa: i rovesci elettorali del centrosinistra in Abruzzo e in Sardegna che han portato alle dimissioni di Veltroni hanno visto l’Idv e la sinistra alleate col Pd, mentre l’Udc marciava ora sola ora addirittura con la destra. Se, puta caso, l’Udc rientrasse all’Ovile delle Libertà, come chiede l’azionista di maggioranza Totò Cuffaro, il centrodestra si ritroverebbe con 6 consiglieri su 9.

Del resto già ora c’è da dubitare che il consigliere Udc Rodolfo De Laurentiis, da anni membro della Vigilanza Rai, si batterà contro l’occupazione berlusconiana della tv pubblica. Finora anzi s’è sempre associato agli anatemi del berlusconismo più oltranzista contro i pochi programmi liberi sopravvissuti. Il 9 marzo 2007, per esempio, De Laurentiis attaccava alzo zero Michele Santoro: “Annozero dimostra che ormai non è rimasto altro mezzo che l’aggressione e l’intolleranza. Calpesta la sensibilità altrui in nome di un’ideologia che vuole accampare diritti a tutti i costi. Il programma a senso unico di Santoro non risparmia nemmeno il credo religioso dei cattolici con continue picconate”. Il 21 maggio 2007 tornava alla carica in una nota congiunta coi pasdaràn berlusconiani Butti e Lainati: “Santoro è in pieno delirio di onnipotenza. Fa finta di non capire e si lancia in invettive giustizialiste contro i vertici dell’azienda”. Se questo è un consigliere d’opposizione, figurarsi quelli di governo.

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